Dammi un attimo per forgiare un bisbiglio
perso tra un "Pater" e un "Ave" recitati mestamente
nel colloquio infinito di una notte che non ti dico.
Per quanto tempo ancora dovro' lacerarmi
dentro un opificio di sole lacrime d'amore?
La sentenza che tu attendi nell'anima
sta nella rincorsa del tempo che fugge,
quel tempo che inerte rimuove la polvere del dolore
e comprendo per poter credere (Intellego ut credam) .
Ma tu vivi. Vivi nell'ombra della morte.
Per favore: non portatemi azalee tristi
sopra questa città spenta e avvilente nel suo respiro,
portatemi quei fiori di campo che furono strappati
e gettati sopra brandelli di cadaveri
dove riposano nello squallore d'una terra morente.
Dammi un attimo per capire la dura lezione-sed lex-
che ispira il male di Faust, laddove l' insoddisfazione
diviene devastante nel male oscuro e rapisce i pensieri
di coloro che amai nelle mie notti insonni
cesellando nel pianto le sillabe di Byron, Sukorov e Ghoete...
supremi oltre l'apparenza, magnifici nel mio respiro intellettuale.
Dammi un attimo e non desisterò a rapire le parole
per poter descrivere il sogno dell'apparenza
dove è (1)"impossibile che sia il Nulla l'estremo traguardo"
(1) verso tratto da "Benedico" di D.M. Turoldo
copyright 25 agosto 2015
Veramente bella. Letta e riletta. Versi intensi che squarciano l'anima. Complimenti!
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