"Scrivere poesie non è difficile.Difficile è viverle.." Charles Bukowsky

giovedì 14 agosto 2014

"La casa nel borgo" Maria Enrichetta Giornelli (recensione)


 
 





RECENSIONE ALL’AUTORE


Carissimi lettori mi accingo per la seconda volta, nel volgere di poco tempo, a recensire l’ultimo straordinario lavoro dal titolo “La casa nel borgo” dell’amica poetessa Maria Enrichetta Giornelli, un mix intelligente ed eterogeno incastonato tra racconto tradizionale e silloge poetica.

Da una prima lettura dell’opera in questione, sono rimasto colpito dalla straordinaria sensibilita’ della sua narrazione, testimonianza di una singolare ricchezza umana e caparbia liberta’ emotiva.

Il linguaggio utilizzato da Maria Enrichetta è un linguaggio discorsivo, tenue, quasi colloquiale, seppur illuminato dalla grande cultura e conoscenza dei classici. Il suo “scrivere” è consolidato da figure evocate con amorevole dolcezza propriamente crepuscolare: la famiglia, la zia Amelia, la terra nativa, il mondo agreste che circonda il borgo e, soprattutto, la natura. Una natura “personificata”, tutt’uno con l’autrice, che vive una sorta di autentico panismo che la riporta alle antiche radici origini d’una umanità non ancora corrotta dal progresso, rispettosa del suo mondo e delle sue matrici sociali - culturali.

  • “La sera rimanevo con il nonno nel saloncino della musica tra le litografie che rappresentano ritratti di presunti antenati e lo ascoltavo passivamente , fissandone gli occhi sognanti nelle pupille socchiuse, mentre suonava al violino vecchie arie.”
Ogni parola di Maria Enrichetta nasce da uno slancio esistenziale laddove questa peculiarita’ viene espletata in modo elegante, dolce, non aggressivo,…mai ridondante e, soprattutto, una sorta di “sermo humilis” lontano da rigurgiti retorici . Per lo piu’ la ricerca insita nella poesia, intesa quale elemento edificate dell’umanità, diviene forza interiore che sviluppa una concezione vitale dove la poesia stessa non è piu’ “ leggenda” bensi’ movimento costante dell’intero essere vivente.

  • “Occhi spenti nel buio della luna/ celavano i tratti sfiancati/ di un volto cadente/rigato da solchi profondi/ Racconto dalle tenebre/ l’uomo affidò all’ombra/ la propria vita.”
Nelle poesie di zia Amelia, infatti, sono sempre presenti componenti di malinconia e di tristezza, che, però, vengono bilanciate dal suo amore per il borgo, la sua gente, dal suo incanto per la vita, seppur dolorosa.

A volte, nel suo percorso introspettivo sussiste una ricerca velatamente tormentosa ai propri interrogativi ma, la ricerca o analisi stessa, diviene sempre lucente, capace di raggiungere cristalli di pura ontologia e di etica umana senz’alcuna banalita’ ai contenuti stessi.

  • “Il vento segnava/ nello slancio lieve dei gelsi/ parole affiorate dall’arsura/ di una focosa estate/tra spruzzi di salsedine/nelle grotte intrise di nebbia”

  • “Il fumo delle arse erbe/ cela queste zolle/naufragate nella piazza/dove sprofonda il peso di un’orma/infangata/la melma del tempo/imprigiona l’animo/con la sbarra delle membra/un labirinto di materia/che distrugge lo spirito inerme”

Potrei azzardare a definire questa opera letteraria come la celebrazione delle “piccole cose” di memoria Pascoliana…laddove Pascoli, per l’azione del fanciullino, tendeva ad attribuire grandi valori alle piccole cose, mentre Maria Enrichetta comprende che solo l’accettazione delle cose “quali esse sono” permette di vivere e realizzare tutti quei sogni umani che passano attraverso la poesia.

  • “..sono convinta che la poesia diverrà il nuovo canto del borgo globale dove, accanto le canzoni avranno vita autonoma anche i versi che, con energia inesauribile, scaveranno all’interno di ogni uomo, di ogni cultura, rinvenendovi l’essenza comune della storia universale dell’umanità”

Maria Enrichetta, nella sua delicatezza interpretativa, mette in moto tutto l’essere del microcosmo poetico, dipingendolo sopra quadri di vita là dove tutto diviene “hebel”, cioe’: vento d’amore, soffio del silenzio, sogni che si infrangono all’alba, goccia di vita che evapora nei cuori delle persone, icone rarefatte nelle mani di Dio… un connubio di tutte le vicende soggettive che si appellano continuamente al mondo come contesto, come sede di quel flusso esistenziale da cui solo contingentemente si distacca l'io individuale.

  • “..l’inquietudine di quelle notti quando le lontre, come allora si sosteneva, spostavano le tegole del tetto con impetuoso fragore, mentre le cime dei cipressi si volgevano minacciosamente verso la finestra della mia camera divenendo misteriose ombre trascinate dalla furia del vento”

Entrando nello specifico del suo ultimo libro, potrei dire che mi sono ritrovato in quello “spazio di liberta’ assoluta”, scoprendo il “luogo o fiore piu’ bello ” attraverso valori intrinsechi alla vita, alla pace, alla liberta’, alla giustizia, all’amore in generale, al tempo che si è fermato….ed è appunto quello del tempo il motivo che attraversa e unifica la corrosione e la decadenza del mondo di affetti concordi necessari alla vita e, in primo luogo, all'esistenza della poesia.


Ed anche se gli eventi della vita ti spingono lontano, verso altre sponde, a volte senti la necessità di tornare, correndo da Lei per respirare quell’aria così particolare, quei profumi così intensi che hanno cesellato l’anima della tua infanzia, della tua adolescenza. Senti il bisogno di corroborarti per ritrovare la forza di proseguire nel cammino della vita.

  • “..Il borgo accoglie/la luce del giorno/spemperando le rissose/nubi nei sapori antichi/esalati dalle finestre/ con i vetri fumosi/ nel fruscio della brezza/che annuncia l’autunno”

Ciò che importa, sembrerebbe dire la scrittrice, è ciò che si porta dentro, la passione che si spende, quello che si tiene nel cuore e che forse può durare ed essere ritrovato al di là di ogni mutamento. E' questo cuore il vero luogo della narrazione di Maria Enrichetta Giornelli, un filo esilissimo, fragile e prezioso; un filo dei sentimenti, che si può custodire soltanto con amore....a tal proposito e concludendo, vorrei citare un grande scrittore russo, Fedor Dostoevskij, nel libro “I fratelli Karamazov” , laddove egli stesso scriveva:

  • “ Sappiate, dunque, che non c’è nulla di più elevato, di più forte, di più sano e di più utile nella vita che un bel ricordo, specialmente se è un ricordo dell’infanzia, della casa paterna… Se un uomo riesce a raccogliere molti di questi ricordi per portarli con sè nella vita, egli è salvo per sempre. E anche se uno solo di questi ricordi rimane con noi, nel nostro cuore, anche quello solo può essere un giorno la nostra salvezza.”


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